Tradizioni popolari

Il culto di San Tommaso D'Aquino a Roccasecca

I tradizionali festeggiamenti in onore del Dottore Angelico

Comune : Roccasecca

Il culto tomistico è certamente la tradizione più antica e sentita che c’è a Roccasecca, il paese può anche fregiarsi di un primato, la presenza in loco della prima chiesa al mondo costruita in onore del santo. La chiesa, autentico gioiello di architettura romanica, fu eretta tra il 1323-1325 poco dopo la canonizzazione di Tommaso, avvenuta nel 1323 sotto il pontificato di Giovanni XXII. Lo storico monumento si trova incastonato alle pendici del monte Asprano, il monte dominato dai ruderi dell’antico maniero della famiglia De Aquino, dove nel 1225 nacque il filosofo.

Un’altra testimonianza della simbiosi tra Roccasecca e il Santo Dottore è possibile rintracciarla nella presenza, per circa 200 anni, di un convento di domenicani presso la chiesa sull’Asprano. La marchesa Beatrice Caetani nel 1478 concesse ai seguaci dell’ordine di San Domenico la chiesa di San Tommaso e un terreno circostante in modo che vi costruissero il convento, come attesta un inventario (una platea) ritrovato nell’archivio capitolare di Aquino. Il convento fu chiuso nel 1658 su ordine di papa Alessandro VII.

La devozione popolare nei confronti di S. Tommaso trova il suo apogeo nell’annuale festa che si svolge il 7 marzo, anniversario della morte dell’Angelico Dottore. La festa è un vero e proprio evento sociale per Roccasecca; la sua origine, vista la costruzione della chiesa sull’Asprano nel 1323 e la presenza dei domenicani dal 1478, si può approssimativamente far risalire al XIV-XV sec., festeggiamenti sicuramente umili, forse limitati alla messa e alla processione attraverso la sola zona della vecchia Roccasecca, l’attuale borgo Castello, in quanto Roccasecca centro si è sviluppata in seguito, nel XVI sec. Possiamo anche supporre che con la presenza in loco dei domenicani, fossero gli stessi monaci i responsabili dell’organizzazione delle cerimonie.

Quando venne chiuso il convento, la gestione dei festeggiamenti passò alla Collegiata S.S. Annunziata del Castello, la chiesa più importante del territorio, come mostrano gli Statuti delle chiese di Roccasecca del 1742. Alle spese dei festeggiamenti e alla manutenzione del santuario  contribuiva anche l’Universitas, cioè l’amministrazione comunale.

I preparativi delle celebrazioni iniziano con la costituzione di un comitato per la raccolta delle offerte, a presiederlo è l’arciprete dell’Annunziata ed è composto da cittadini di tutto il territorio comunale anche se non si può negare la nutrita presenza degli abitanti del borgo Castello, i quali, anche per motivi logistici, si sentono, di diritto e per consuetudine, i custodi della tradizione del culto.

In preparazione al 7 marzo, nei nove giorni precedenti, presso la chiesa madre dell’Annunziata, si celebra una messa seguita da una novena in cui si ricordano gli avvenimenti principali della vita del santo.

La sera della vigilia il territorio comunale si illumina alla luce dei falò e presso i ruderi del castello dei D’Aquino viene accesa la fiaccola del tripode, costruzione inaugurata nel 1972.

La giornata della festa inizia già alle 6,30 del mattino, quando nel piazzale di Corso S. Tommaso al Castello si raduna la banda musicale che al suono di caratteristiche marce si incammina verso la chiesa dell’Annunziata, dove alle ore 7 si celebra la prima messa, tuttavia l’appuntameto principale è per le ore 10 con la cerimonia liturgica accompagnata dai canti della schola cantorum, officiata dal vescovo della diocesi spesso affiancato da un cardinale e che vede la presenza di numerosi sacerdoti e dei domenicani, venuti da ogni dove a tener vivo l’antico legame tra questa terra e il loro ordine monastico.

Alla fine del rito liturgico inizia la processione, accompagnata dalle più alte autorità civili, militari e religiose, che si snoda lungo le strette vie del borgo Castello  e attraverso le strade principali di Roccasecca centro. Durante il percorso la  gente posta ai lati della strada e sui balconi lancia all’indirizzo della statua fiori in segno di omaggio; la statua ad intervalli quasi regolari sosta presso caratteristici altari allestiti per l’occasione, in modo da permettere alle persone che la portano in spalla di riposarsi.

La processione del mattino termina nella chiesa di S. Margherita a Roccasecca centro, dove Tommaso rimane fino all’appuntamento serale con la messa vespertina, cui segue una nuova solenne processione con la quale la statua tornerà nella sua dimora abituale dell’Annunziata. Il percorso di ritorno si snoda lungo il panoramico viale Paolo VI, che si inerpica lungo il monte Asprano. Molto caratteristica è questa processione perché complice il buio della notte, le persone che vi partecipano portano in mano una torcia accesa che, unita alle lampade ad olio disposte lungo il percorso, creano un effetto scenico assai suggestivo. L’arrivo nella Collegiata, i fuochi artificiali e la benedizione finale del parroco con la reliquia del santo concludono la giornata dei festeggiamenti. La processione serale fu istituita alla fine degli anni ’60 da don Antonio Tuzi che ebbe la brillante intuizione di permettere alle persone che la mattina non potevano partecipare alle celebrazioni perché impegnate dal lavoro di poter essere presenti la sera, una processione che si è man mano arricchita con gli anni fino a raggiungere, per numero di partecipanti, quasi quella del mattino.

Accanto alle cerimonie religiose S. Tommaso viene onorato anche con manifestazioni civili quali la pubblicazione di opuscoli e lo svolgimento di incontri sul suo pensiero, diventati un fatto istituzionale a partire dal 1961. La manifestazione, organizzata dal comitato festeggiamenti, è passata dal 1963 sotto l’egida dell’amministrazione comunale.

Proprio l’arrivo a Roccasecca di don Antonio Tuzi, arciprete dell’Annunziata dal 1960, ha significato una maggiore attenzione da parte delle amministrazioni comunali che si sono avvicendate negli anni alla tutela del patrimonio architettonico-culturale del monte Asprano: ricostruzione della chiesa del XIV sec., della torre cilindrica e della chiesa di S. Croce. costruzione ex novo di viale Paolo VI, restauro di archi e piazzali, illuminazione artistica di chiesa e castello, inizio della ristrutturazione  della cosiddetta “casa di San Tommaso”. E’ di imminente collocazione sul monte Asprano una statua del Dottore Angelico, la più grande del mondo!

Il nucleo portante dei festeggiamenti religiosi tomistici può essere individuato in cinque aspetti, di cui uno riguarda il giorno della festività e quattro il suo svolgimento.

Prendendo in considerazione la data della commemorazione risulta subito evidente che, mentre le feste a carattere locale che cadono in un giorno infrasettimanale spesso vengono spostate o alla domenica precedente o seguente, in questo caso rimane costante il giorno del 7 marzo come giorno in cui onorare Tommaso.

Lo svolgimento della festa può essere riassunto invece nel seguente schema: messa del mattino presso la S.S. Annunziata, processione seguente fino a Roccasecca centro, messa vespertina nella chiesa di S. Margherita, nuova processione per riportare il santo nella parrocchia di appartenenza.

All’interno di questa griglia occorre sottolineare i mutamenti avvenuti nel corso dei secoli: un primo cambiamento riguarda il tragitto della processione del mattino che, dopo essere giunto a Roccasecca centro ed aver attraversato via Roma, via S. Maria Nuova, via Cappella e di nuovo via Roma, proseguiva fino a far ritorno nella Collegiata del Castello. A partire dalla fine degli anni 60’ invece il corteo religioso interrompe la sua marcia a Roccasecca centro con la sosta della statua nella chiesa di S. Margherita; attualmente la processione non percorre più né via S. Maria Nuova, né via Cappella, né via S. Apollonia, ma si limita solamente a via Roma, gira a piazza Patamia, per recarsi verso la chiesa del centro cittadino.

Fino al 1960 c’era la consuetudine di portare in processione non la statua di San Tommaso portata attualmente, ma il mezzobusto (1633) che si trova nella chiesa sull’Asprano e fino alla seconda guerra mondiale questa usanza era accompagnata da un suggestivo rituale che si svolgeva la sera della vigilia: dalla chiesa della S.S. Annunziata partiva una processione che giungeva presso il santuario di S. Tommaso, dove veniva prelevato il mezzobusto e traslato nella Collegiata per essere preparato alla cerimonia del giorno seguente; la stessa operazione, con percorso inverso, veniva effettuata alla chiusura dei festeggiamenti e si ripeteva in occasione della festa di San Pietro Martire. Il bombardamento della chiesa dell’Asprano, durante la seconda guerra mondiale, ha posto fine a questo rituale. L’attuale arciprete dell’Annunziata, don Lucio Fusco, ha ritenuto opportuno ripristinare l’antica usanza con qualche variante: inizio della novena nella chiesa sull’Asprano con una simbolica vestizione di bambini in abiti domenicani, processione verso la chiesa madre e chiusura della novena con una nuova processione per riportare il busto ligneo nella chiesa di appartenenza.

Legata a questo rito c’era  la consuetudine, anch’essa scomparsa, di portare in processione oltre al mezzobusto di S. Tommaso, quello di San Pietro Martire (1633), la statua di San Domenico  e dell’Annunziata, a cui è dedicata la parrocchia. Era abitudine far sfilare le statue in tutte le processioni a loro dedicate e nella processione in onore di San Tommaso o San Pietro Martire il santo festeggiato occupava il posto di destra del corteo. Attualmente  il busto di S. Pietro Martire e i simulacri dei tre domenicani, datati 1907, sono conservati presso la chiesa della S.S. Annunziata del Castello.

Un ruolo importante nell’organizzazione dei festeggiamenti era ricoperto fino agli anni ‘50 dalla confraternita “Santissimo e Pietà” della parrocchia dell’Annunziata, confraternite assai diffuse nel territorio roccaseccano. Molti dei suoi appartenenti erano anche membri del comitato festeggiamenti e sfilavano durante la processione con le loro caratteristiche uniformi e con il loro stendardo, insieme alla confraternita aggregata della cappella di S. Rocco.

Questo è il modo in cui Roccasecca ha cercato nel corso dei secoli e cerca tuttora di onorare il figlio più illustre, con la devozione tipica di un piccolo paese, devozione fatta di riti e usanze particolari e abitudinarie, anch’esse però da considerarsi una forma di cultura, una cultura intesa come riflesso della visione del mondo degli uomini che la vivono e la mettono in pratica quotidianamente. Certo sarebbe assurdo chiedere ai roccaseccani di conoscere il contenuto della Summa Theologiae, di sapere la differenza tra ente ed essenza, ma senza venir meno a questo significativo modo di onorare il santo, non bisogna trascurare l’importanza e la forza della religiosità popolare: vivendo tra la gente di Roccasecca, parlando con loro, essendo uno di loro, traspare in maniera evidente l’amore semplice e attento  a seguire quei tradizionali rituali, l’amore quasi filiale verso “Tumasine”, una devozione trasversale che lega adulti e bambini, intellettuali e contadini e che, visto il forte sentimento di appartenenza locale tipico dei piccoli paesi -prima la frazione, poi il comune intero- costituisce un momento di aggregazione e di comune identità.

Questo culto è resistito negli anni, tramandandosi di generazione in generazione e che sicuramente continuerà, se opportunamente conservato e senza essere stravolto nella sua abituale ritualità, a cadenzare la vita del paese perché, come si è soliti ricordare a Roccasecca, vista la particolare conformazione del suo territorio, in qualunque parte ci si trovi, se si alzano gli occhi al cielo sicuramente prima o poi lo sguardo incontrerà quel monte Asprano e quei ruderi del castello che ricordano la presenza di Tommaso, in modo che i suoi concittadini non possano mai dimenticare le parole pronunciate da papa Paolo VI il 14 settembre 1974 in occasione della visita a Roccasecca per il VII centenario della morte di San Tommaso: 

(…) E mi rallegro, carissimi, di vedere quanto voi siete sensibili a questo patrimonio che la storia ha dato alla vostra città: di avere l’onore e la fortuna e, guardate, la responsabilità di avere la patria di un Santo così grande, di un Dottore così celebre, di un cittadino del mondo così illustre”.



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